Spesso è sufficiente un regime alimentare adeguato per ripristinare la salute della mucosa intestinale ed impedire che i sintomi insorgano nuovamente, ma essendo la celiachia una malattia cronica e correlata a numerose complicanze come sclerosi, tumori, diabete, disfunzione tiroidea, e molte altre, è necessario essere costantemente seguiti da un esperto ed effettuare visite mediche ad intervalli regolari.
Secondo uno studio del 2013 il notevole aumento dei casi di celiachia testimoniato negli ultimi anni, potrebbe essere dovuto alla presenza di glutine nei cereali e ad una migliore politica di informazione che porta quindi, i soggetti che ne mostrano i sintomi e gli stessi medici, a riconoscere più facilmente la condizione ed affrontarla adeguatamente. Tuttavia anche le cause di questa patologia sono imputabili anche, al sempre più intensivo utilizzo di un erbicida chiamato glifosato che viene impiegato come diserbante in moltissimi tipi di coltivazioni come vigneti, uliveti, frutteti e piantagioni orticole e cerealicole di ogni tipo.
Nel 2010 l’Unione Europea aveva dichiarato il glifosato non tossico per l’uomo, ma successivamente alcuni studi hanno mostrato come i pesci esposti a questa sostanza tendono a sviluppare una ridotta attività dell’amilasi salivare, ovvero quell’enzima che permette l’inizio del processo di digestione del glutine già durante la fase della masticazione, ed un’alterazione della lipasi e della proteasi, enzimi anch’essi con un ruolo predominante nella digestione. Il glifosato renderebbe quindi più difficoltosa la digestione del glutine.
È stata anche osservata una discontinuità delle pieghe mucose e un disordine nella struttura dei microvilli della parete intestinale tipica dei soggetti celiaci, insieme ad una secrezione esagerata in tutto il tratto digerente di mucina, una sostanza protettiva presente anche nell’apparato respiratorio. Queste caratteristiche ricordano molto ciò che accade in caso di morbo celiaco.
Queste constatazioni suggeriscono che il glifosato potrebbe interferire con la degradazione delle proteine complesse del glutine a livello dello stomaco, che in tal modo arriverebbe all’intestino in una fase ancora precoce della digestione e nella forma di grandi frammenti di grano o di cereali che attiverebbero poi la risposta autoimmune nell’intestino.
Gli effetti sull’organismo di questi animali sarebbero molto simili a quelli sperimentati dai soggetti celiaci e farebbe quindi supporre la possibilità di un nesso fra l’intolleranza e questo specifico erbicida.
Tale somiglianza traspare anche nello squilibrio dei batteri intestinali che si può rilevare in entrambi i casi: il glifosato riduce la popolazione batterica utile per il processo di digestione portando degli squilibri nella flora intestinale che possono favorire la crescita di agenti patogeni portando ad infiammazioni, intolleranze, allergie, che rendendo l’organismo più sensibile anche alle tossine e ad altri residui chimici presenti negli alimenti.
Anche carenze di ferro, cobalto, molibdeno, rame e altri metalli rari, solitamente associati alla malattia celiaca, possono essere attribuiti alla forte capacità del glifosato di chelare questi elementi, ovvero di renderli inaccessibili alle funzioni fisiologiche ed enzimatiche e quindi inutilizzabili dall’organismo. Allo stesso modo, come nella celiachia si presentano deficit di triptofano, tirosina, metionina e seleno-metionina, così il glifosato ha la pericolosa capacità di ridurre i livelli di questi aminoacidi.
Inoltre, i problemi riproduttivi associati alla malattia celiaca, come l’infertilità, aborti e la nascita di bambini con malformazioni potrebbero essere spiegati dall’esposizione al glifosato.
Non è ancora certo quale sia di preciso il ruolo di questo erbicida nello sviluppo e nella diffusione della celiachia, ma è certo che una prolungata esposizione può provocare sintomi molto simili e non è quindi da escludere che esista una connessione di qualche tipo.
Fonti
Samsel, Seneff, 2013, Glyphosate, pathways to modern diseases II: Celiac sprue and gluten intolerance
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